Vi chiedete mai cosa sarebbe successo se Janis Joplin non fosse morta? O se il suo successo fosse esploso negli anni Duemila? Per anni è stata la portavoce di una sofferenza tutta al femminile, un simbolo per donne di ogni epoca che vedevano in lei una sorta di paladina di genere. La donna/bambina che era riuscita a fare della propria diversità un punto di forza, l’unica capace di farsi strada in quel club di soli uomini che era il rock system, nonostante le sue fragilità. Ma a distanza di 50 anni dalla sua morte, qualcosa è andato perduto. In un mondo completamente diverso dai tumultuosi anni Sessanta, tra i giovani del ventunesimo secolo la sua immagine non gode più dell’autorevolezza di un tempo, e l’eco di certi giudizi continuano a perseguitarla anche nella tomba. Il suo “essere Janis” ha fatto sì che nella memoria collettiva moderna venisse associata a un certo stereotipo di artista, e non più al simbolo che negli anni è diventata. Che sia colpa del periodo storico, o di una nuova concezione del termine “diverso”, è stata in parte accantonata, alla ricerca di nuovi idoli a cui tendere. Being Janis cerca adesso un punto di incontro tra passato e presente. Non è solo la descrizione del mito artistico, ma racconta una storia. Una storia che forse già conoscete, e che vi sembrerà familiare perché, anche se in un’altra epoca e in minor misura, avete vissuto anche voi.
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Vi chiedete mai cosa sarebbe successo se Janis Joplin non fosse morta? O se il suo successo fosse esploso negli anni Duemila? Per anni è stata la portavoce di una sofferenza tutta al femminile, un simbolo per donne di ogni epoca che vedevano in lei una sorta di paladina di genere. La donna/bambina che era riuscita a fare della propria diversità un punto di forza, l’unica capace di farsi strada in quel club di soli uomini che era il rock system, nonostante le sue fragilità. Ma a distanza di 50 anni dalla sua morte, qualcosa è andato perduto. In un mondo completamente diverso dai tumultuosi anni Sessanta, tra i giovani del ventunesimo secolo la sua immagine non gode più dell’autorevolezza di un tempo, e l’eco di certi giudizi continuano a perseguitarla anche nella tomba. Il suo “essere Janis” ha fatto sì che nella memoria collettiva moderna venisse associata a un certo stereotipo di artista, e non più al simbolo che negli anni è diventata. Che sia colpa del periodo storico, o di una nuova concezione del termine “diverso”, è stata in parte accantonata, alla ricerca di nuovi idoli a cui tendere. Being Janis cerca adesso un punto di incontro tra passato e presente. Non è solo la descrizione del mito artistico, ma racconta una storia. Una storia che forse già conoscete, e che vi sembrerà familiare perché, anche se in un’altra epoca e in minor misura, avete vissuto anche voi.
Marika Lucciola
01/10/2020