Se l’improvvisazione è l’anima del jazz, allora questo libro è un assolo. Chorus jazzistico e filosofico insieme. Ispirato a Kind of Blue di Miles Davis, a My Favorite Things di John Coltrane, il suo libero fraseggio è un viaggio temporale attraverso le pieghe dei suoni e del nostro sentire in musica. Percezione e tempo sono, infatti, i luoghi dell’improvvisazione – dimensioni estetiche in cui si muovono contemporaneamente musicista e spettatore – ma sono anche dimensioni dell’essere, forme di ciò che siamo, modi del nostro stare al mondo. Lungo lo scorrere di queste pagine il racconto dell’improvvisazione si compie, si svela sotto i nostri occhi. Di nota in nota, di frase in frase, di chorus in chorus l’assolo si dispiega, ci coinvolge, ci emoziona, incontrando domande, cercando risposte fuori e dentro di noi: in quale momento del tempo si collocano le note del jazz? In quale punto di questo costante abbraccio che è il tempo ci portano? E perché una volta condotti lì, in quella determinata zona del tempo, possiamo provare una gioia così profonda oppure un così profondo disagio? Come mai e in che modo, dunque, l’improvvisazione jazzistica è in grado di smuovere in chi ascolta sentimenti così profondi, vivi, spesso in netto contrasto tra loro?
Marco Restucci
Laureato in filosofia, giornalista pubblicista, musicista, ha svolto per diversi anni l’attività di critico musicale. In ambito filosofico si occupa soprattutto di estetica, in particolare della dimensione sonora del pensiero. Nel 2016 ha pubblicato il saggio sulle origini del jazz Dioniso a New Orleans. Nietzsche e il tragico nel jazz.
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Marco Restucci – Temporale jazz. Estetica dell’improvvisazione
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Se l’improvvisazione è l’anima del jazz, allora questo libro è un assolo. Chorus jazzistico e filosofico insieme. Ispirato a Kind of Blue di Miles Davis, a My Favorite Things di John Coltrane, il suo libero fraseggio è un viaggio temporale attraverso le pieghe dei suoni e del nostro sentire in musica. Percezione e tempo sono, infatti, i luoghi dell’improvvisazione – dimensioni estetiche in cui si muovono contemporaneamente musicista e spettatore – ma sono anche dimensioni dell’essere, forme di ciò che siamo, modi del nostro stare al mondo. Lungo lo scorrere di queste pagine il racconto dell’improvvisazione si compie, si svela sotto i nostri occhi. Di nota in nota, di frase in frase, di chorus in chorus l’assolo si dispiega, ci coinvolge, ci emoziona, incontrando domande, cercando risposte fuori e dentro di noi: in quale momento del tempo si collocano le note del jazz? In quale punto di questo costante abbraccio che è il tempo ci portano? E perché una volta condotti lì, in quella determinata zona del tempo, possiamo provare una gioia così profonda oppure un così profondo disagio? Come mai e in che modo, dunque, l’improvvisazione jazzistica è in grado di smuovere in chi ascolta sentimenti così profondi, vivi, spesso in netto contrasto tra loro?
Marco Restucci
Laureato in filosofia, giornalista pubblicista, musicista, ha svolto per diversi anni l’attività di critico musicale. In ambito filosofico si occupa soprattutto di estetica, in particolare della dimensione sonora del pensiero. Nel 2016 ha pubblicato il saggio sulle origini del jazz Dioniso a New Orleans. Nietzsche e il tragico nel jazz.