STORIA DI UN PASTORE ENTRATO NELL’OLIMPO DELLA MUSICA
Non è un romanzo, né una favola. Non è una biografia, nemmeno un’autobiografia. È, forse, tutte e quattro queste cose. O, piuttosto, non è niente di tutto questo. È, soprattutto, una storia. Quella di Alfio Antico, “u picuraro” diventato il dio del tamburo. «Alfio Antico è un patrimonio dell’umanità, dovrebbe essere riconosciuto dall’Unesco», diceva Carmen Consoli. Perché il musicista lentinese non è un semplice ricercatore, né soltanto l’ultimo aedo di una cultura popolare. Alfio Antico è la “radica” di una cultura ancestrale. È anche il ta-ta-boum del Don Raffaè di Fabrizio De André. La sua vita sembra un romanzo verista di Verga, ma al contrario dei personaggi dello scrittore di Vizzini, Alfio non è un vinto. Un’infanzia povera, dura, di un ragazzo costretto a crescere in fretta per dare una mano alla famiglia a causa di un padre malato. L’asprezza di un’adolescenza solitaria, trascorsa sulle montagne, ad ascoltare il vento, il suono della pioggia o delle campane del suo gregge. Per rifugiarsi nello scialle della nonna che con il suo magico tamburello scacciava i mostri della solitudine e della paura. Quei tamburi sarebbero diventati i suoi burattini. Perché Alfio Antico è il Mastro Geppetto della world music. I suoi strumenti parlano. Dalle transumanze sui monti ai grandi teatri con Maurizio Scaparro e Peppe Barra; dall’Olimpo della musica con Eugenio Bennato, De André, Dalla, Branduardi, Arbore, Capossela, Carmen Consoli, Colapesce, Cesare Basile, sino alla cucina dello chef Carmelo Chiaramonte e al cinema di Pasquale Scimeca.
Giuseppe Attardi
Giornalista professionista, ha collaborato con «Ciao2001», «Musica Jazz», «Buscadero», «Il Diario di Siracusa». È stato direttore del bimestrale «Raro!» e caposervizio agli spettacoli al quotidiano «La Sicilia». Nel 2018 ha curato il libro Perché Sanremo è (anche) Sicilia. Collabora con i siti pickline.it e sicilianpost.it.
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Giuseppe Attardi – Alfio Antico. Il dio tamburo
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STORIA DI UN PASTORE ENTRATO NELL’OLIMPO DELLA MUSICA
Non è un romanzo, né una favola. Non è una biografia, nemmeno un’autobiografia. È, forse, tutte e quattro queste cose. O, piuttosto, non è niente di tutto questo. È, soprattutto, una storia. Quella di Alfio Antico, “u picuraro” diventato il dio del tamburo. «Alfio Antico è un patrimonio dell’umanità, dovrebbe essere riconosciuto dall’Unesco», diceva Carmen Consoli. Perché il musicista lentinese non è un semplice ricercatore, né soltanto l’ultimo aedo di una cultura popolare. Alfio Antico è la “radica” di una cultura ancestrale. È anche il ta-ta-boum del Don Raffaè di Fabrizio De André. La sua vita sembra un romanzo verista di Verga, ma al contrario dei personaggi dello scrittore di Vizzini, Alfio non è un vinto. Un’infanzia povera, dura, di un ragazzo costretto a crescere in fretta per dare una mano alla famiglia a causa di un padre malato. L’asprezza di un’adolescenza solitaria, trascorsa sulle montagne, ad ascoltare il vento, il suono della pioggia o delle campane del suo gregge. Per rifugiarsi nello scialle della nonna che con il suo magico tamburello scacciava i mostri della solitudine e della paura. Quei tamburi sarebbero diventati i suoi burattini. Perché Alfio Antico è il Mastro Geppetto della world music. I suoi strumenti parlano. Dalle transumanze sui monti ai grandi teatri con Maurizio Scaparro e Peppe Barra; dall’Olimpo della musica con Eugenio Bennato, De André, Dalla, Branduardi, Arbore, Capossela, Carmen Consoli, Colapesce, Cesare Basile, sino alla cucina dello chef Carmelo Chiaramonte e al cinema di Pasquale Scimeca.
Giuseppe Attardi
Giornalista professionista, ha collaborato con «Ciao2001», «Musica Jazz», «Buscadero», «Il Diario di Siracusa». È stato direttore del bimestrale «Raro!» e caposervizio agli spettacoli al quotidiano «La Sicilia». Nel 2018 ha curato il libro Perché Sanremo è (anche) Sicilia. Collabora con i siti pickline.it e sicilianpost.it.
Giuseppe Attardi
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